Giovani e lavoro: aspettative personali e lavorative dei giovani di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia

La presente ricerca, realizzata da Assolombarda ed Eumetra, indaga il sentiment dei giovani dai 18 ai 26 anni rispetto al mercato del lavoro con l’obiettivo di capire quali siano i desiderata, le loro aspettative personali, le aspirazioni lavorative, le modalità con cui cercano occupazione e le percezioni sul contesto economico generale. 

L’indagine è stata svolta a maggio 2023 con il coinvolgimento di un campione di 1.000 giovani tra i 18 e i 26 anni residenti a Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia.
Emergono aspetti di estremo interesse del sentito e delle aspettative dei giovani del territorio: un quadro su cui è importante interrogarsi e urgente intervenire, per non perdere talenti imprescindibili per lo sviluppo del Paese. Serve, in particolare, una diversa narrativa dell’economia e del lavoro, per riavvicinare percezioni e realtà delle nuove generazioni.

Aspettative personali e lavorative

Emerge un forte desiderio di protagonismo da parte dei giovani. Ben il 57% dei 18-26enni intervistati si immagina, infatti, un futuro da imprenditore o libero professionista, contro un 28% (meno della metà) che vorrebbe un lavoro da dipendente. I settori dove i giovani preferirebbero lavorare sono vari: la consulenza è scelta dal 17% del campione, seguita subito dopo dall’ambito sanitario/assistenziale (12%), dal settore finanziario e assicurativo (12%) e dal commercio (12%), mentre il manifatturiero è indicato soltanto dal 5% dei giovani. 

Questo sentimento di protagonismo e proattività si affianca alla centralità delle relazioni. Infatti, il contributo della famiglia e degli affetti è ritenuto il valore più importante da ben il 72% dei rispondenti. Questo approccio caratterizza anche il contesto lavorativo: il 60% degli intervistati ritiene prioritario instaurare e mantenere buoni rapporti con colleghi, seguito dal 42% che reputa fondamentale avere una buona relazione con i propri superiori e dal 34% che riconosce l’importanza di lavorare in team.

Il protagonismo e la centralità attribuita alle relazioni affettive sono coerenti con le caratteristiche considerate più rilevanti per poter conciliare vita e lavoro: più di tutte, i giovani cercano flessibilità oraria (55% degli intervistati), seguita dalla possibilità di avere tempo libero per attività extra (49%) e, come terza preferenza, dalla possibilità di fare smart working (35%). Svolgere mansioni poco faticose e/o poco stressanti è, invece, una priorità solo per il 16% del campione in analisi, a indicare che il fattore maggiormente ricercato non è la “facilità” ma la possibilità di gestire il proprio tempo. Interessante notare la relazione tra le prime due caratteristiche: la flessibilità sul luogo di lavoro non si riduce allo smart working in quanto tale ma si riferisce a un approccio di più ampio respiro che permette, da una parte, di instaurare nuove relazioni dal vivo, e dall’altra, di avere tempo libero per coltivare le proprie passioni e gli affetti esterni.

Il sentimento di protagonismo emerso dai risultati rappresenta una preziosa risorsa se speso e valorizzato all’interno del contesto lavorativo e personale. Questo anche considerato che ben l’80% ha sviluppato una esperienza lavorativa nel corso degli studi (in particolare, nel 40% dei casi come cameriere, barista e cassiere), quindi evidenziando adattabilità e voglia di mettersi in gioco.

Percezione del contesto esterno

Al contrario, la percezione della realtà esterna da parte dei giovani lombardi non offre un quadro positivo. Ben il 62% degli intervistati, il cui livello di istruzione è mediamente alto , ritiene che l’Italia offra limitate (43%) o addirittura scarse (19%) opportunità di lavoro; solo il 27% pensa che queste siano sufficienti. La causa, secondo gli intervistati, viene ricondotta a un “sistema paese” che non favorisce l’assunzione di giovani con poca o senza esperienza (61% del panel) e che non permette di raggiungere una stabilità lavorativa (47%). A questa visione si contrappone la percezione della città di Milano, dove vorrebbe lavorare il 41% dei giovani intervistati: il capoluogo lombardo si conferma quindi il polo attrattivo per i talenti rispetto alle altri grandi città italiane, di interesse soltanto per il 7% del campione. Tuttavia, ben 1 rispondente su 5 dichiara che preferirebbe lavorare all’estero (addirittura il 28% se si considerano i soli laureati).

Guardando alla percezione del settore manifatturiero, i giovani lombardi riportano una visione parziale della struttura economica italiana: nonostante il nostro Paese sia la seconda potenza manifatturiera d’Europa, solo il 15% degli intervistati la segnala quale settore trainante dell’economia nazionale, ruolo al contrario attribuito al comparto turistico da quasi la metà dei rispondenti (49%). Questi risultati si mostrano in piena continuità con quanto emerso già nel 2010 da un’indagine analoga (Calabrò, A., Orgoglio industriale (2010), Mondadori). 

Inoltre, più della metà del campione (54%) considera la manifattura un sintomo di specializzazione, mentre solo il 39% la collega all’innovazione. A conferma di tale percezione, il 53% degli intervistati pensa che le mansioni nell’industria manifatturiera richiedano una maggiore esperienza e competenza tecnica rispetto al passato, tratti coerenti con l’idea di specializzazione, mentre gli aspetti di diritti, salute e sicurezza all’interno delle fabbriche sono ancora legati a immagini trascorse: solo il 35% dei rispondenti ritiene che gli operai abbiano maggiori diritti e tutele rispetto agli ultimi anni, e solo il 23% crede che l’ambiente in cui lavorano sia più sicuro e sano di allora. 

Emerge comunque un dato positivo e interessante se si considerano i giovani laureati: il 42% ritiene che l’industria manifatturiera oggi offra delle buone opportunità per impieghi legati alla sostenibilità ambientale. Gli individui più qualificati riconoscono dunque che, nel presente come in prospettiva, il settore manifatturiero sia un ambito propulsore della transizione ecologica, dove i mestieri green possono trovare massima applicabilità e generare un impatto tangibile.

Volendo scomporre il dato complessivo più nel dettaglio, abbiamo individuato due profili di interesse che più degli altri si differenziano dalla media del campione: da un lato i diplomati che hanno smesso di studiare (18% del panel), dall’altro i laureati (36%, insieme che comprende sia quelli che hanno smesso di studiare, sia coloro che stanno proseguendo gli studi).
• Rispetto alla media, i diplomati che hanno smesso di studiare prediligono, tra le aspettative personali e lavorative, più di altri lavori da dipendente in piccole imprese, possibilmente vicino alla zona in cui abitano, e cercano un’occupazione che offra stabilità e possibilità di formazione continua.
• Tra i laureati, invece, l’aspirazione a diventare imprenditore o ad avviare una carriera in consulenza è superiore alla media. I laureati sono ancora più propensi a lavorare a Milano città e puntano alle grandi imprese. Inoltre, chi ha la laurea favorisce la carriera piuttosto che la stabilità e considera la possibilità di andare all’estero più delle altre categorie analizzate.

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Assolombarda