Cresce la capacità attrattiva degli atenei lombardi: + 13% gli studenti internazionali. La Cina è la nazione più rappresentata Comunicato stampa

Cresce la capacità attrattiva degli atenei lombardi: + 13% gli studenti internazionali. La Cina è la nazione più rappresentata

Presentata l’indagine “L’internazionalizzazione degli atenei di Milano e della Lombardia”

Milano, 24 settembre 2019 – Sono sempre di più gli studenti internazionali che scelgono di iscriversi agli atenei lombardi: nell’anno accademico 2017-2018 sono saliti a quota 14.518, in forte aumento (+13%) rispetto all’anno precedente (erano 12.878 nel 2016-2017). Di questi, 4 su 10 sono di origine asiatica (39%) e il 41% arriva dall'Europa. La nazionalità più rappresentata è quella cinese con 2.120 studenti, seguita dalla Turchia (1.138 studenti) e l’India (1.075 studenti). 

È quanto emerge dall’indagine annuale di Assolombarda “L’Internazionalizzazione degli atenei di Milano e della Lombardia”, che si pone l’obiettivo di misurare il grado di apertura internazionale del polo accademico lombardo nel corso dell’anno 2017-18. L’analisi, giunta alla nona edizione, prende in considerazione 13 atenei della regione, 8 con sede a Milano: Università Cattolica del Sacro Cuore, Humanitas University, Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, Università Commerciale Luigi Bocconi, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano Bicocca, Università degli Studi di Milano, Università Vita-Salute San Raffaele. Oltre all’Università Carlo Cattaneo LIUC, all’Università degli Studi di Bergamo, all’Università degli Studi di Brescia, all’Università degli Studi dell’Insubria, all’Università degli Studi di Pavia. 

“L’università per adempiere al proprio mandato educativo e sociale, deve essere aperta al mondo e deve saper attrarre gli studenti migliori - ha dichiarato Pietro Guindani, Vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Innovazione e Capitale Umano –. L’ultima indagine sull’internazionalizzazione degli atenei evidenzia che il polo accademico lombardo sta andando in questa direzione, con un’apertura internazionale che cresce di anno in anno. Segnale della grande vitalità del sistema accademico e del tessuto sociale di Milano e della Lombardia, che rappresenta un “habitat” sempre più favorevole nel quale studiare, lavorare e vivere”.

“Occorre però continuare a rafforzare il potenziale attrattivo delle nostre università agendo su più livelli – ha proseguito Guindani –. A cominciare dall’incremento delle collaborazioni con il mondo imprenditoriale, dall’aumento dei corsi in lingua inglese e dei programmi di mobilità. Infatti, l’internazionalizzazione del sistema universitario nazionale è una condizione imprescindibile per attrarre talenti e alti potenziali dal resto del mondo, per garantire anche agli studenti italiani prospettive di occupabilità di lungo termine e per promuovere la competitività delle nostre imprese”.

Lo studio conferma un sostanziale bilanciamento tra i generi (49,9% femmine e 50,1% maschi) tra gli studenti internazionali. Questi ultimi, rispetto ai colleghi lombardi, scelgono più frequentemente corsi STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) (52,4% contro 40%), e corsi di arte e design (6,2% contro 1,4%), a testimonianza della crescente reputazione internazionale del capoluogo milanese negli ambiti scientifici e creativi. 

Cresce anche il numero di studenti coinvolti in programmi di mobilità internazionale. Rispetto all’anno 2016–17 sono cresciti del 7,2%, raggiungendo il numero di 19.101 in totale, di cui 11.682 italiani che hanno trascorso un periodo formativo in atenei all’estero (+8,8%) e 7.419 stranieri ospitati dagli atenei del territorio (+4,7%). 

Dallo studio emerge anche come le università lombarde e in particolare quelle milanesi, se confrontate con il resto degli atenei italiani, si distinguano per il numero di corsi offerti in lingua inglese: rispettivamente il 16% e il 18% del totale, contro il 9% italiani.

Unico dato in controtendenza, quello relativo agli accordi internazionali stipulati dagli atenei, che nel corso dell’anno accademico 2017-18 hanno registrato una diminuzione rispetto alla precedente rilevazione, scendendo a quota 4.770. Ciò deriva, soprattutto, da un’azione di razionalizzazione che ha portato le università a una revisione selettiva delle collaborazioni, focalizzandosi su quelle di maggior valore.

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