Aprirsi e collaborare. L'industria traccia la rotta per superare il Covid-19 Intervista

Aprirsi e collaborare. L'industria traccia la rotta per superare il Covid-19

L'intervista di Sergio Dompé, Vicepresidente Assolombarda con delega alle Life Sciences, su AboutPharma - 5 maggio 2020

Cooperare, aprirsi, integrare esperienze e competenze, unire gli sforzi. Se c'è una sola possibilità di risalire la china della crisi economica parallela (e sicuramente seguente) a quella sanitaria e sociale è di certo legata al remare tutti nella stessa direzione senza particolarismi: dai governi mondiali e locali, alle imprese, ai singoli cittadini. Un messaggio universale, forse scontato per certi versi, che tuttavia corre il serio rischio di essere inascoltato e disatteso nel nome di istinti primordiali volti all'autodifesa, come testimoniano le diverse vedute in sede europea, i litigi della politica nostrana e i frequenti focolai di scontro tra Stato e Regioni. L’industria italiana della salute sta seguendo un'altra rotta. Un esempio è la costituzione del Control Center sul Covid-19 da parte del Life Science Hub di Assolombarda, l'associazione di imprese il cui presidente Carlo Bonomi (si veda il servizio di copertina di AboutPharma di marzo scorso) è stato da poco designato a guidare Confindustria nazionale. Il Control Center sul Covid-19 è una piattaforma nata per sostenere le imprese e le istituzioni del sistema regionale e nazionale "per supportare il Paese, Regione Lombardia, la filiera produttiva e i cittadini nel vincere la sfida". Nella cabina di regia siede Sergio Dompé, industriale del farmaco, vicepresidente di Assolombarda Life Sciences, già presidente di Farmindustria e Assobiotee in anni non troppo lontani. La sua analisi nell'intervista che segue.

 La pandemia da Sar-Cov 2 sta portando alle industrie dell'healthcare fatturati in calo, cassa integrazione ma anche massicci ordini per tutte le produzioni legate a Covid. Si può già tentare un bilancio sullo stato di salute delle imprese?

 "Mi aspetto che a conti fatti il 2020 sia un anno negativissimo per tutti, drammatico per alcuni e comunque non bello per un gruppo ristretto di aziende farmaceutiche e dell'ospedalità privata. Questa pandemia ha trovato tutto il sistema non preparato a una reazione organizzata per minimizzare il danno. In più la saturazione avvenuta in breve tempo delle terapie intensive ha conferito una drammaticità che è stata sotto gli occhi di tutti. Si è cercato di bloccare il sistema e nel blocco gli unici che sono andati avanti sono stati i soggetti collegati alla produzione di beni o servizi strettamente necessari per la gestione della crisi sanitaria, evitando di danneggiare l'impianto tecnico produttivo per gestire qualsiasi altro tipo di malattia. Però il modello ospedalecentrico del Paese e della Lombardia in particolare ha creato un collo di bottiglia. Da una parte si è saturata la capacità di reagire a Covid-19 e dall'altra si è compressa la capacità normale di risposta al bisogno sanitario in senso generale. Ne consegue che i fatturati delle imprese farmaceutiche e quelli delle imprese ospedaliere hanno molti costi in più: l'esplosione dell'emergenza e delle necessità che non si è riusciti completamente a soddisfare — se non all'inizio di aprile — ha comportato una diminuzione drastica di tutte le altre prestazioni e ospedalizzazioni che rappresentano buona parte del fatturato delle aziende ospedaliere private e per molti versi anche delle farmaceutiche".

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