TARI - Detassati i capannoni industriali dal 2021 - I chiarimenti del Ministero della Transizione Ecologica e del MEF

Escluse da tassazione tutte le superfici di lavorazione industriale e i magazzini. Occorre comunicare al comuni le nuove superfici da tassare. Uscita la circolare con i chiarimenti.

Dal 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore alcune modifiche al Testo Unico dell'Ambiente (D. Lgs. 152/2006) dovute al D. Lgs. 116/2020, che impongono una revisione delle modalità e dei limiti all'applicazione della tassa comunale sui rifiuti TARI per le aziende industriali.

Le principali novità riguardano:

  • l'esclusione totale dalla tassazione delle superfici dove avvengono le lavorazioni industriali, comprese quelle relative ai magazzini di materie prime, semilavorati e merci, in quanto producono soltanto rifiuti speciali; sarebbero pertanto tassabili solo i locali adibiti ad uffici, spogliatoi, mense ecc. che invece producono rifiuti urbani (carta, plastica, vetro ecc.); per ottenere questa riduzione le imprese dovranno comunicare ai comuni le nuove metrature specificando l'uso a cui sono adibite.
  • la possibilità di sganciarsi completamente dal servizio pubblico, conferendo anche i rifiuti urbani ad un soggetto autorizzato che provvede ad inviare i rifiuti al recupero, rilasciando apposita attestazione; in questo caso, sulle superfici che producono rifiuti urbani (uffici, mense, spogliatoi ecc.), è dovuta solo la parte fissa della tariffa; per potere esercitare questa scelta occorre inviare apposita comunicazione al comune entro il 31 maggio.

Di seguito un'analisi un po' più approfondita delle novità, con un focus finale sulle modalità pratiche e applicative da seguire per fruire di queste riduzioni.

Premessa

La lettura delle novità introdotte dal D. Lgs. 116/2020 applicate alla normativa istitutiva della TARI (L. 147/2013, commi dal 641 al 668) ha fatto sorgere alcuni interrogativi sulla portata e sulle modalità applicative delle innovazioni, ai quali la recentissima circolare che ha emanato il Ministero della Transizione Ecologica (ex Ministero Ambiente), in condivisione con il Ministero delle Finanze, fornisce una risposta complessiva, divenendo un atto di indirizzo sia per le aziende, sia per i Comuni che devono uniformare i propri Regolamenti TARI.

Riteniamo quindi opportuno presentare le nuove regole applicative della TARI a partire dal 1° gennaio scorso, in particolare per quanto riguarda la categoria delle “attività industriali con capannoni di produzione”, categoria che incontra diverse specifiche innovazioni.

 

NOVITÀ INTRODOTTE DAL D. LGS. 116/2020 SUI RIFIUTI AZIENDALI 

La riscrittura degli articoli 183 e 184 del Testo Unico Ambientale ha riformulato la definizione di “rifiuti urbani” e di “rifiuti speciali”, mentre la modifica dell'art. 198 ha eliminato la facoltà per i Comuni di disporre l'assimilazione di molti rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani.

Ora è lo stesso testo del D. Lgs. 116/20 che riporta, nell‘allegato L-quater, l'elenco dei “rifiuti urbani provenienti da fonti diverse da quelle domestiche “, elenco unico e valido per tutta la nazione; rifiuti prodotti da un ben definito elenco di 29 attività e funzioni, pubbliche o private, indicate nell’allegato L - quinquies.

In questo ultimo elenco non compare più la precedente categoria “20- attività industriali con capannoni di produzione”, mentre sono comprese diverse tipologie di attività artigianali (categorie 17,18,19 e 20), attività commerciali (categorie 13,14, 15,16), attività di somministrazione di cibi e bevande (categorie 21,22,23,24,25,26,28) ipermercati (categoria 27) ecc.. Di possibile interesse per i complessi industriali sono: la categoria 3 - autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta; la categoria 6 - esposizioni, autosaloni;  la categoria 11 - uffici, agenzie, studi professionali; la categoria 22 - mense, birrerie, hamburgherie. Sono specifiche le categorie  7 - alberghi con ristorante e 8 - alberghi senza ristorante.

Il nuovo art. 183, comma 1 -b sexies, specifica che “i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione”.

Occorre inoltre richiamare la novità introdotta dall’ art. 198, comma 2 bis, che permette alle utenze non domestiche la facoltà di conferire al di fuori del servizio pubblico comunale i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di “averli avviati al recupero”, come approfondiamo più avanti,  facoltà questa che però va denunciata preventivamente al proprio Comune e deve essere mantenuta per 5 anni consecutivi, salvo accordi diversi.

 

CONSEGUENZE DELLE INNOVAZIONI PER LE AZIENDE INDUSTRIALI NELL’APPLICAZIONE DELLA TARI

Dalla lettura integrata delle rinnovate definizioni di rifiuti urbani, rifiuti speciali, delle categorie che li producono, comparate con le disposizioni applicative della TARI contenute specialmente nel comma 649 della L. 147/2013, emerge il seguente quadro, confermato dalla Circolare ministeriale:

-         sono sempre e totalmente escluse dall' assoggettamento all'intera TARI (quota fissa e quota variabile della tariffa) le superfici produttive delle aziende industriali (capannoni di produzione, laboratori, ecc.) in quanto in queste superfici si formano per definizione rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese e responsabilità i relativi produttori;

-         sono altrettanto esclusi dall' assoggettamento all' intera TARI (quota fissa e quota variabile della tariffa) tutti i magazzini di materie prime,  di merci e di prodotti finiti;

-         restano, come nel passato, escluse dalla TARI le superfici che ospitano attrezzature impiantistiche, centrali termiche, cabine elettriche, vani ascensori/ montacarichi, locali destinati a stagionatura o essiccazione delle merci, celle frigorifere, silos e simili, in quanto in queste superfici non si producono rifiuti urbani;

-         restano parimenti escluse dalla TARI le superfici aziendali esterne, in quanto queste aree sono “pertinenze” delle superfici interne dove avvengono le lavorazioni industriali. In particolare, risultano escluse, come già riportavano molti regolamenti Comunali, le aree aziendali adibite all'ingresso ed al transito dei veicoli, come anche i parcheggi (gratuiti) dei dipendenti e visitatori.

Sulla base della precedente normativa potevano essere tassate le superfici esterne “operative”, ovvero aree nelle quali avvengono specifiche fasi lavorative con produzione in loco di rifiuti speciali “assimilati”.

Da quest'anno anche queste superfici esterne “operative”, se pertinenziali di attività industriali, sono produttive di rifiuti speciali non più assimilabili, e come tali escluse dalla TARI.

La nozione di “esclusione” significa che sulle superfici aziendali richiamate nei paragrafi precedenti non si applica né la quota variabile della tariffa, né la quota fissa.

Viceversa, la Circolare ministeriale riporta indicazioni chiare per l'individuazione delle aree di aziende industriali che possono produrre rifiuti urbani, e quindi aree che restano sottoposte al pagamento dell’intera TARI (quota fissa e quota variabile), ovviamente a fronte dell'effettuazione da parte del servizio pubblico comunale della raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti in tali aree.

Queste aree sono le superfici terziarie delle aziende, ovvero gli uffici amministrativi e tecnici, le sale campionarie, gli spacci aziendali, i locali igienici e gli spogliatoi, le aree ristoro, mense-refettori, infermerie e locali similari.  A queste superfici può essere applicata generalmente la tariffa della categoria 11 dell’allegato L-quinquies “Uffici, agenzie, studi professionali”, tranne che per le mense o i refettori aziendali, alle quali può essere applicata la tariffa della categoria 22 “Mense, birrerie, hamburgherie”, mentre per le sale campionarie o espositive potrebbe essere applicata la categoria 6 “Esposizioni, autosaloni” e per gli spacci aziendali le categorie 13 “negozi abbigliamento, calzature, librerie, ecc.” oppure 15 “Negozi particolari quali filatelia,tende e tessuti, tappeti, ecc.”.

I rifiuti provenienti da queste superfici e conferibili al servizio pubblico sono quelli individuati precisamente nell’allegato L-quater del D. Lgs. 116/2020 (in allegato al presente testo) e solo quelli.

 

ESCLUSIONE DEI MAGAZZINI DALLA TARI

Una trattazione specifica va fatta per quanto riguarda le superfici di magazzini e depositi aziendali.

Il comma 649 della L. 147/2013 istitutiva della TARI riporta infatti la seguente disposizione: “Con il medesimo regolamento (N.d.R.: il regolamento di applicazione della TARI) il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione”.

La Circolare ministeriale riporta ancor più chiaramente: “Le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile”.

Pertanto, tutti i magazzini inseriti nei complessi produttivi aziendali, e contenenti materie prime in ingresso, semilavorati e beni in uscita, ovvero merci e prodotti finiti aziendali, vengono esclusi dalla TARI.

A ben vedere non si tratta di un’autentica novità, dato che nei magazzini aziendali gli scarti prevalenti sono dovuti alla categoria degli “imballaggi terziari”, che già il D. Lgs. 22/1997 “Ronchi”, e poi il Testo unico ambientale vietano di conferire al servizio pubblico.

Vigente questo divieto, oggi viene fatta chiarezza su questo aspetto, che è stato oggetto di interpretazioni variegate da parte di molti regolamenti Comunali e di sentenze giurisprudenziali di diverso esito.

A nostro avviso anche i magazzini di aziende industriali collocati in luoghi diversi dal sito dove avvengono le lavorazioni industriali, ma “esclusivamente e funzionalmente” asserviti al rifornimento di beni oggetto di lavorazioni o utilizzati per il deposito esclusivo di beni in uscita dalle fasi di lavorazione, dovrebbero essere esclusi dalla tassazione;  per questi casi consigliamo di richiedere la detassazione al proprio Comune allegando una autocertificazione che comprovi il legame tra il sito del magazzino ed il sito produttivo servito.

Un settore particolare è la tipologia dei magazzini delle attività di logistica per conto terzi, che non sono direttamente legati ad una attività produttiva, anche se è chiaro il collegamento funzionale con le aziende servite. Per questi casi riteniamo che sia possibile proporre la detassazione quando è comprovabile la diretta funzione di servizio della piattaforma logistica ad un’azienda o gruppo di aziende produttive specifiche, mediante autocertificazione come nel caso precedente.

In alternativa, è possibile e legittimo chiedere una corretta commisurazione tariffaria in relazione alle ridotte quantità di rifiuti prodotti, oppure utilizzare le facoltà di esclusione e riduzione della quota tariffaria variabile,  in relazione alla produzione di rifiuti non conferibili al servizio pubblico (come sono gli scarti di imballaggi terziari che si producono tipicamente nei magazzini) o all' “avvio a recupero” degli stessi rifiuti prodotti, di cui esponiamo di seguito le indicazioni normative.

Il D. Lgs. 116/2020 ha infatti rivisto o riformulato le regole per due casistiche di gestione dei rifiuti urbani :

- la scelta di conferire i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico;

- l'avvio a recupero dei rifiuti prodotti.

 

FACOLTÀ DI CONFERIRE I PROPRI RIFIUTI URBANI AL DI FUORI DEL SERVIZIO PUBBLICO

Il D. Lgs. 116/2020 ha aggiunto all'articolo 198 del Testo Unico dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006) il nuovo comma 2 bis, che dispone:

Le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi”.

Questa disposizione sembra improntata ad un obiettivo di maggiore libertà e concorrenzialità tra gestore pubblico ed operatori privati nell’organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti prodotti dalle categorie economiche, e non è una novità assoluta poiché già il D. Lgs. 22/1997, all'art. 21 escludeva dalla “privativa comunale” l'avvio a recupero dei rifiuti urbani ed assimilati, aprendo alla libera concorrenza. La nuova norma nasconde però due insidie, esplicitate nel comma 10 all'art. 238, anch'esso aggiunto dal D. Lgs. 116:

a)     i rifiuti conferiti ad operatori privati debbono essere dichiarati “avviati al recupero”, sempre, quindi non possono essere conferiti se l'operatore li dovesse “avviare a smaltimento”;

b)      la scelta di servirsi del servizio pubblico o di operatori privati deve essere comunicata al proprio Comune anticipatamente e per un periodo non inferiore a 5 anni, fatta salva la possibilità di ritornare al servizio pubblico prima della scadenza, mediante specifica richiesta, che il gestore pubblico “può accogliere”. 

L’ applicazione di questa norma è declinata in due modalità:

-         poiché la norma aggiornata dispone che la “quota fissa” della tariffa TARI debba comunque essere corrisposta al proprio Comune per le superfici che producono rifiuti urbani, nel caso di conferimento di tutti i rifiuti urbani prodotti (ed avviati obbligatoriamente al “recupero”) si ottiene l'esenzione della sola “quota variabile” della tariffa;

-         in caso di conferimento agli operatori privati di una parte dei rifiuti prodotti, si ottiene una riduzione della “quota variabile”, riduzione più o meno proporzionale alla quantità dei rifiuti conferiti, che i regolamenti Comunali definiscono con varie modalità.

Inoltre, la Circolare ministeriale chiude anche la disputa tra l’applicazione del concetto di “recupero”, utilizzato dal D. Lgs. 116, ed il concetto di “riciclo” previsto dal comma 649 della normativa TARI del 2013.

Mentre nel concetto di recupero è contenuto il caso di “recupero energetico”, ovvero combustione dei rifiuti, quest'ultimo è escluso dalle possibilità di “riciclo”, che quindi esprime una casistica più limitata.

La Circolare ministeriale compie un'analisi di questa tematica, e giunge alla seguente indicazione:

“Alla luce di questa indicazione normativa (NdR: il nuovo comma 10 dell’art.238) la riduzione della quota variabile prevista dal comma 649 deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo ”.

Noi riteniamo ragionevole ed opportuna questa indicazione, ma occorrerà che i regolamenti comunali TARI si adeguino a questo preciso orientamento.

La nostra valutazione è che non sempre l'opzione del conferimento dei propri rifiuti urbani a recuperatori privati possa permettere il conseguimento di risparmi rispetto al conferimento al servizio pubblico Comunale, dovendo comunque l’azienda versare tutta la quota fissa e in molti casi anche una parte della quota variabile della tariffa, a fronte inoltre di un aumento degli adempimenti e della responsabilità aziendale per la gestione degli obblighi di comunicazione e tracciamento di questi rifiuti: quindi l’opzione di uscita dal servizio pubblico va valutata caso per caso.

È stato indicato anche il termine entro il quale si possa esercitare la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta, termine riportato all'interno del “Decreto Sostegni” (D. L. n. 41 del 22 marzo 2021), dove è disposto che le imprese che vogliano uscire dal servizio pubblico debbono comunicarlo al proprio Comune entro il 31 maggio di ciascun anno, per permettere ai Comuni di deliberare già quest’anno le tariffe entro il 30 giugno.

Ricordiamo che il conferimento al servizio pubblico Comunale dei rifiuti urbani aziendali può avvenire sia attraverso la raccolta settimanale porta a porta, con la periodicità prevista dal calendario Comunale, sia attraverso il conferimento al Centro di raccolta Comunale o Intercomunale. In questo secondo caso l'azienda deve essere iscritta all'Albo Gestori Ambientali, nella categoria 2 bis “produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano il trasporto dei propri rifiuti”, e noi consigliamo di  accompagnare i rifiuti con il Formulario di Identificazione (FIR) debitamente compilato, anche se per i conferimenti alle piattaforme pubbliche non è più obbligatorio,  secondo quanto disposto dal c. 7 del rivisto art. 193.  I rifiuti urbani conferiti al servizio pubblico non devono essere registrati nel registro di carico/ scarico dei rifiuti speciali e non devono essere dichiarati nel MUD annuale.

Ricordiamo infine che indipendentemente da tutte le indicazioni e le novità riportate, resta comunque possibile gestire i rifiuti prodotti dalla propria attività, sia urbani che speciali (non pericolosi), mediante la stipula di una convenzione o contratto di tipo privatistico con l'ente gestore del servizio pubblico o direttamente con il proprio Comune.

Questa facoltà resta però al di fuori dal campo di applicazione della TARI, i cui obblighi minimi dovranno comunque essere rispettati.

 

INDICAZIONI PER L’AGGIORNAMENTO DELLE DENUNCE DELLE SUPERFICI TASSABILI AI COMUNI

In queste settimane gli Uffici Tributi dei Comuni probabilmente hanno richiesto o richiederanno alle aziende di aggiornare le dichiarazioni delle superfici in dotazione, al fine di applicare le variazioni introdotte dal D. Lgs. 116/2020.

Nel caso in cui i Comuni non richiedano l’aggiornamento delle superfici tassabili o diano indicazioni difformi da quanto sopra illustrato, consigliamo alle aziende industriali di inviare all'Ufficio Tributi del proprio Comune una denuncia di “Variazione delle superfici utilizzate ai fini TARI dal 1° gennaio 2021” dove, in relazione alle novità introdotte dal D. Lgs. 116/2020 e alla Circolare ministeriale del 12.04.2021, si indichino:

 Nel caso di permanenza nel servizio pubblico:

a)     le superfici terziarie aziendali tassabili, suddivise in:

-      uffici e servizi;

-       mense/refettori/locali ristoro;

-      eventuali sale campionarie / esposizioni;

-      eventuali spacci aziendali;

b)     le superfici interne adibite alle varie fasi produttive (intassabili);

c)     le superfici interne dei magazzini di materie prime, merci e prodotti finiti (intassabili).

Per la maggiore comprensione consigliamo di allegare una planimetria degli edifici aziendali con l'indicazione delle tre tipologie di funzioni sopra richiamate.

Nel caso di opzione di fuoriuscita dal servizio pubblico Comunale anche per le funzioni terziarie aziendali, la comunicazione va fatta entro il 31 maggio p.v. richiamando la facoltà prevista dall' articolo 198, comma 2 bis del D. Lgs. 152/2006, come rinnovato dal D. Lgs. 116/2020.

Restiamo a disposizione per tutti gli approfondimenti e le valutazioni dovessero essere necessarie, così come per le verifiche puntuali sull’applicazione dei principi richiamati dalla Circolare interministeriale da parte dei singoli Comuni.

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